giovedì 3 settembre 2015

APPROFONDIMENTI: Omesso versamento ritenute previdenziali INPS: se inferiore ai 10.000 € annui è ancora reato?



Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali previsto e punito dall’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1, comma 3, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389 è da considerarsi ancora reato se l’omissione non supera i 10.000,00 € annui?
Di seguito si riportano alcune sentenze sia di merito, che di legittimità che mostrano come i giudici non siano tutti concordi nel ritenere “depenalizzato” il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali all’INPS anche se non si superano i 10.00,00 € annui.


L’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389) punisce, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad euro 1.032,91, il datore di lavoro che omette di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
Come ha cura di specificare la stessa disposizione, il reato si estingue se il versamento avviene entro sei mesi dalla scadenza stabilita e, comunque, ove sia fissato il dibattimento, prima di tale termine e non oltre le formalità di apertura dello stesso.
Inoltre, il datore di lavoro non è punibile nel caso in cui provveda al detto versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, in tal caso l’INPS non invia la notizia di reato alla competente Procura della Repubblica.
Le problematiche applicative in merito al reato sopra citato sono insorte a seguito della legge 28 aprile 2014, n. 67 con la quale il Parlamento ha conferito delega al Governo, oltre che in materia di pene detentive non carcerarie, anche per la riforma della disciplina sanzionatoria di alcuni reati e per la contestuale introduzione delle sanzioni amministrative e civili.
Tra le fattispecie da depenalizzare, l’art. 2, comma 2 lettera c), della legge da ultimo citata ha previsto la trasformazione in illecito amministrativo del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per importi non superiori ai 10.000 € annui, preservando comunque la possibilità per il datore di lavoro di non rispondere neanche amministrativamente, in caso di versamento delle ritenute entro il termine di tre mesi dalla contestazione della violazione.
Alla luce di ciò occorre però precisare che ad oggi il Governo non ha ancora proceduto alla depenalizzazione delle fattispecie specificate nella legge delega n. 67 del 2014 e l’art. 2 d.l. n. 463 del 1983 non è stato ancora modificato.
Orbene, stante la presenza di una “proposta” di depenalizzazione del reato di omesso versamento di trattenute previdenziali se non superiore ai 10.000,00 € annui, molti giudici di merito si sono posti il problema se il comportamento del datore di lavoro sia ancora penalmente rilevante o se, proprio in forza di quanto stabilito dal Parlamento, sia da considerarsi non più perseguibile “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” o per mancanza di offensività della condotta.
La prassi dei Tribunali
In più di un’occasione i giudici di merito che si sono trovati a dover decidere se condannare o meno un imprendere per il reato di cui all’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389, hanno ritenuto di fatto già depenalizzato il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per importi non superiori ai 10.000,00 € annui, sottolineando come già vi sia in una legge dello Stato la manifesta volontà di non perseguire più penalmente alcuni illeciti, ritenendoli, nello specifico, non più reati ma solamente illeciti amministrativi.  
Vediamo ora alcune sentenze dei Giudici di merito.
Il Tribunale di Asti, con sentenza n. 3107/14 ha stabilito: “Come chiarito dalla dottrina più autorevole nonché dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 224 del 1990, la legge delega non è legge meramente formale, ciò che significa che essa non si limita a disciplinare i rapporti “interni” tra Parlamento e Governo ma costituisce fonte direttamente produttiva di norme giuridiche. …(omissis)…  In questi termini, se il Giudice di merito è legittimato ad effettuare una valutazione in termini di offensività delle condotte asseritamente costitutive del reato in parola, costituisce dato altrettanto oggettivo il fatto che il Parlamento, ossia l’organo costituzionale espressione della volontà popolare e titolare del potere legislativo, ha stabilito, in termini espliciti, che omessi versamenti inferiori a € 10.000,00 per ogni periodo di imposta non devono e non possono considerarsi offensivi di interessi penalisticamente tutelati. … (omissis)… In definitiva, pare a questo Giudice che la risultante delle argomentazioni che precedono debba essere l’assoluzione dell’imputato perché il fatto ascrittogli non è più previsto dalla legge come reato”.
Sulla stessa linea troviamo anche il Tribunale di Bari che con la sentenza n. 1465/14 ha prosciolto un datore di lavoro  per il mancato versamento di € 2.780,00 di  contributi previdenziali all'INPS , già trattenute sui lavoratori, applicando il principio del "favor rei "  in quanto la legge delega per la riforma fiscale n. 67/2014 prevede la depenalizzazione di tale comportamento e ciò anche se l’effettiva legge di depenalizzazione non sia stata ancora emanata.
Ancora più di recente il Tribunale di Avezzano, con la sentenza n. 712 del 24 settembre 2014 (dep. 16.10.2014) e il Tribunale di Aosta con sentenza del 07 novembre 2014, hanno assolto gli imputati nel merito perché il fatto non costituisce reato.
La sentenza emessa dal Tribunale di Aosta ha, altresì, confermato l’orientamento della sentenza n. 38080 del 2014 della Corte di Cassazione, sottolineando come in assenza del decreto delegato la fattispecie di reato dell’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali non possa considerarsi depenalizzato.
Tuttavia, con il rinvio alla pronuncia della Corte costituzionale n. 139 del 2014, anche per il Tribunale di Aosta l’imputato andava assolto per la mancanza di offensività della condotta contestata, risultata in concreto priva di lesività per l’interesse all’integrità del sistema previdenziale quando l’omissione, come nel caso di specie, non supera i 10.000,00 € annui.
Più precisamente, il Tribunale di Avezzano ha ritenuto che la disobbedienza dell’imprenditore all’obbligo di versare i contributi previdenziali non aveva pregiudicato in concreto il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 2 d.l. 463/1983, ovvero la tutela previdenziale del lavoro e dei lavoratori.
Il Tribunale di Avezzano con la citata sentenza ha ulteriormente rilevato come la mancanza di offensività dell’illecito penale contestato assumesse contorni ancora più netti in forza dei principi enunciati nella legge delega n. 67 del 2014, con la quale il Governo prospetta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali.
Il Giudice di Avezzano, con detta decisione ha così attribuito capacità normativa immediata ai criteri direttivi impressi nella legge delega in materia di depenalizzazione, in quanto, come affermato in sentenza “il Governo non potrà discostarsi da tali principi e criteri direttivi, così precisi e tassativamente delimitati”.
Interessante decisione in materia di omissione di ritenute previdenziali è anche quella pronunciata dal Tribunale di Torino che, con sentenza del 03 novembre 2014, decidendo in senso contrario alla giurisprudenza di merito sopra riportata, ha sottolineato che in assenza del concreto esercizio della delega, non è possibile ritenere che i principi e i criteri inseriti nella legge di delegazione in materia di depenalizzazione abbiano effetto modificativo dell’ordinamento vigente, arrivando con ciò a condannare l’imputato per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali anche sotto la soglia dei 10.000,00 € annui.
Infatti, secondo il Tribunale di Torino affermare, in un caso come questo, che la condotta sia inoffensiva, significherebbe attribuire patente di liceità alla sistematica omissione contributiva effettuata da datori di lavoro aventi un solo dipendente, ciò che, sul piano nazionale, concernerebbe un numero elevatissimo di soggetti debitori, con conseguente sicuro pregiudizio del bene penalmente protetto, come detto assistito da una speciale garanzia costituzionale”.
L’indirizzo della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dai Giudici di merito, in più di un’occasione ha ribadito, che finché non saranno emanati i decreti delegati previsti dalla legge delega sulla depenalizzazione n. 67/2014, chi non versa i contributi previdenziali ed assistenziali, anche se per importi inferiori a Euro 10.000,00 per ogni periodo di imposta, commette un reato e non un semplice illecito amministrativo.
Il principio sopra richiamato è stato riaffermato dalla Suprema Corte di Cassazione con due recenti sentenze la n. 20547 del 14 aprile 2015 e la n. 32337 del 23 luglio 2015.
Con la prima sentenza la Terza Sezione Penale della Cassazione ha respinto la tesi “suggestiva” dei Giudici di merito secondo cui con la legge delega con cui il Parlamento prospetta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali costituirebbe fonte direttamente produttiva di norme giuridiche; come più volte evidenziato in alcune decisioni di merito (cfr. Trib. Asti, sent. 27/06/14; Trib. Avezzano, sent. 16/10/14; Trib. Bari, sent. 16/06/14, sopra citate) in quanto con l’attuazione dei decreti delegati non ci si potrà discostare da quanto oggetto di delega parlamentare, derivando da ciò la depenalizzazione per l’omissione dei versamenti INPS inferiori a 10.000,00 € annui.
Infatti, secondo la Cassazione l'intenzione del Parlamento non era quella di dismettere totalmente la punibilità per i fatti di omesso versamento delle ritenute previdenziali al di sotto della nuova soglia, bensì di assoggettarli unicamente ad una sanzione amministrativa, aggiungendo che la pena è l'unica punibilità ad oggi prevista dall'ordinamento giuridico italiano per la violazione degli obblighi previdenziali di versamento di ritenute e, pertanto, è da ritenersi tuttora applicabile.
La Suprema Corte ha concluso affermando il seguente principio di diritto: "Il delitto previsto dal D.L. n. 462 del 1983, art. 2, comma 1 bis, conv. con modd. in legge n. 638 del 1983, che punisce l'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non può ritenersi abrogato per effetto diretto della L. 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest'ultimo, fino alla emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa".
Quanto detto sopra è stato di recente confermato dalla sentenza n. 32337 del 23 luglio 2015, con la quale, sempre la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha ribadito che in assenza di un apposito decreto resta comunque punibile l’imprenditore che non versi le ritenute previdenziali ed assistenziali e ciò anche se il loro ammontare non sia superiore ai 10.000,00 € annui.  
Infatti, per la Suprema Corte l’assenza di un decreto legislativo in attuazione della delega avvenuta con la legge 67/2014 non determina alcuna “depenalizzazione” diretta del reato previsto e punito dall’art. 81 cpv c.p.e dal’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389.
Per cui ad oggi, almeno per la Corte di Cassazione, l’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali all’INPS da parte dell’imprenditore è sempre punito, anche quando sia inferiore ai 10.000,00 € annui, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad euro 1.032,91.


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