Il reato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali previsto e punito
dall’art. 2 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con
modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1,
comma 3, del decreto legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni
dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389 è da considerarsi ancora reato se
l’omissione non supera i 10.000,00 € annui?
Di seguito si
riportano alcune sentenze sia di merito, che di legittimità che mostrano come i
giudici non siano tutti concordi nel ritenere “depenalizzato” il reato di
omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali all’INPS anche se
non si superano i 10.00,00 € annui.
L’art. 2 del
decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni dalla
legge 11 novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto
legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7
dicembre 1989 n. 389) punisce, con la reclusione fino a tre anni e con la
multa fino ad euro 1.032,91, il datore di lavoro che omette di versare le
ritenute previdenziali ed assistenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
Come ha cura di
specificare la stessa disposizione, il reato si estingue se il versamento
avviene entro sei mesi dalla scadenza stabilita e, comunque, ove sia
fissato il dibattimento, prima di tale termine e non oltre le formalità di
apertura dello stesso.
Inoltre, il datore
di lavoro non è punibile nel caso in cui provveda al detto versamento entro il
termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto
accertamento della violazione, in tal caso l’INPS non invia la notizia di reato
alla competente Procura della Repubblica.
Le problematiche
applicative in merito al reato sopra citato sono insorte a seguito della legge
28 aprile 2014, n. 67 con la quale il Parlamento ha conferito delega al
Governo, oltre che in materia di pene detentive non carcerarie, anche per la
riforma della disciplina sanzionatoria di alcuni reati e per la contestuale
introduzione delle sanzioni amministrative e civili.
Tra le fattispecie da
depenalizzare, l’art. 2, comma 2 lettera c), della legge da ultimo citata ha
previsto la trasformazione in illecito amministrativo del reato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali per importi non
superiori ai 10.000 € annui, preservando comunque la possibilità
per il datore di lavoro di non rispondere neanche amministrativamente, in caso
di versamento delle ritenute entro il termine di tre mesi dalla contestazione
della violazione.
Alla luce di ciò
occorre però precisare che ad oggi il Governo non ha ancora proceduto alla
depenalizzazione delle fattispecie specificate nella legge delega n. 67 del
2014 e l’art. 2 d.l. n. 463 del 1983 non è stato ancora modificato.
Orbene, stante la
presenza di una “proposta” di depenalizzazione del reato di omesso versamento
di trattenute previdenziali se non superiore ai 10.000,00 € annui, molti
giudici di merito si sono posti il problema se il comportamento del datore di
lavoro sia ancora penalmente rilevante o se, proprio in forza di quanto
stabilito dal Parlamento, sia da considerarsi non più perseguibile “perché il fatto non è previsto dalla legge
come reato” o per mancanza di offensività della condotta.
La prassi dei Tribunali
In più di
un’occasione i giudici di merito che si sono trovati a dover decidere se
condannare o meno un imprendere per il reato di cui all’art. 2 del decreto
legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11
novembre 1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto legge 9
ottobre 1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989
n. 389, hanno ritenuto di fatto già depenalizzato il reato di omesso versamento
delle ritenute previdenziali ed assistenziali per importi non superiori ai
10.000,00 € annui, sottolineando come già vi sia in una legge dello Stato la
manifesta volontà di non perseguire più penalmente alcuni illeciti, ritenendoli,
nello specifico, non più reati ma solamente illeciti amministrativi.
Vediamo ora alcune
sentenze dei Giudici di merito.
Il Tribunale di
Asti, con sentenza n. 3107/14 ha stabilito: “Come chiarito dalla dottrina più autorevole nonché dalla stessa Corte
Costituzionale con sentenza n. 224 del 1990, la legge delega non è legge
meramente formale, ciò che significa che essa non si limita a disciplinare i rapporti
“interni” tra Parlamento e Governo ma costituisce fonte direttamente produttiva
di norme giuridiche. …(omissis)… In questi termini, se il Giudice di
merito è legittimato ad effettuare una valutazione in termini di offensività
delle condotte asseritamente costitutive del reato in parola, costituisce dato
altrettanto oggettivo il fatto che il Parlamento, ossia l’organo costituzionale
espressione della volontà popolare e titolare del potere legislativo, ha
stabilito, in termini espliciti, che omessi versamenti inferiori a € 10.000,00
per ogni periodo di imposta non devono e non possono considerarsi offensivi di
interessi penalisticamente tutelati. … (omissis)… In definitiva, pare a questo
Giudice che la risultante delle argomentazioni che precedono debba essere
l’assoluzione dell’imputato perché il fatto ascrittogli non è più previsto
dalla legge come reato”.
Sulla stessa linea
troviamo anche il Tribunale di Bari che con la sentenza n. 1465/14 ha
prosciolto un datore di lavoro per il mancato versamento di € 2.780,00
di contributi previdenziali all'INPS , già trattenute sui lavoratori,
applicando il principio del "favor
rei " in quanto la legge delega per la riforma fiscale n.
67/2014 prevede la depenalizzazione di tale comportamento e ciò anche se l’effettiva
legge di depenalizzazione non sia stata ancora emanata.
Ancora più di
recente il Tribunale di Avezzano, con la sentenza n. 712 del 24 settembre 2014
(dep. 16.10.2014) e il Tribunale di Aosta con sentenza del 07 novembre 2014,
hanno assolto gli imputati nel merito perché il fatto non costituisce reato.
La sentenza emessa
dal Tribunale di Aosta ha, altresì, confermato l’orientamento della sentenza n.
38080 del 2014 della Corte di Cassazione, sottolineando come in assenza del
decreto delegato la fattispecie di reato dell’omesso versamento di ritenute
previdenziali ed assistenziali non possa considerarsi depenalizzato.
Tuttavia, con il
rinvio alla pronuncia della Corte costituzionale n. 139 del 2014, anche per il
Tribunale di Aosta l’imputato andava assolto per la mancanza di offensività
della condotta contestata, risultata in concreto priva di lesività per
l’interesse all’integrità del sistema previdenziale quando l’omissione, come nel
caso di specie, non supera i 10.000,00 € annui.
Più precisamente,
il Tribunale di Avezzano ha ritenuto che la disobbedienza dell’imprenditore
all’obbligo di versare i contributi previdenziali non aveva pregiudicato in
concreto il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all’art. 2 d.l.
463/1983, ovvero la tutela previdenziale del lavoro e dei lavoratori.
Il Tribunale di
Avezzano con la citata sentenza ha ulteriormente rilevato come la mancanza di
offensività dell’illecito penale contestato assumesse contorni ancora più netti
in forza dei principi enunciati nella legge delega n. 67 del 2014, con la quale
il Governo prospetta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali.
Il Giudice di
Avezzano, con detta decisione ha così attribuito capacità normativa immediata
ai criteri direttivi impressi nella legge delega in materia di
depenalizzazione, in quanto, come affermato in sentenza “il Governo non potrà discostarsi da tali principi e criteri direttivi,
così precisi e tassativamente delimitati”.
Interessante
decisione in materia di omissione di ritenute previdenziali è anche quella pronunciata
dal Tribunale di Torino che, con sentenza del 03 novembre 2014, decidendo in
senso contrario alla giurisprudenza di merito sopra riportata, ha sottolineato che
in assenza del concreto esercizio della delega, non è possibile ritenere che i
principi e i criteri inseriti nella legge di delegazione in materia di
depenalizzazione abbiano effetto modificativo dell’ordinamento vigente,
arrivando con ciò a condannare l’imputato per l’omesso versamento delle
ritenute previdenziali ed assistenziali anche sotto la soglia dei 10.000,00 €
annui.
Infatti, secondo il
Tribunale di Torino “affermare, in un
caso come questo, che la condotta sia inoffensiva, significherebbe attribuire
patente di liceità alla sistematica omissione contributiva effettuata da datori
di lavoro aventi un solo dipendente, ciò che, sul piano nazionale,
concernerebbe un numero elevatissimo di soggetti debitori, con conseguente
sicuro pregiudizio del bene penalmente protetto, come detto assistito da una
speciale garanzia costituzionale”.
L’indirizzo della Corte di Cassazione
La Corte di
Cassazione, contrariamente a quanto sostenuto dai Giudici di merito, in più di
un’occasione ha ribadito, che finché non saranno emanati i decreti delegati
previsti dalla legge delega sulla depenalizzazione n. 67/2014, chi non versa i
contributi previdenziali ed assistenziali, anche se per importi inferiori a
Euro 10.000,00 per ogni periodo di imposta, commette un reato e non un semplice
illecito amministrativo.
Il principio sopra richiamato
è stato riaffermato dalla Suprema Corte di Cassazione con due recenti sentenze
la n. 20547 del 14 aprile 2015 e la n. 32337 del 23 luglio 2015.
Con la prima
sentenza la Terza Sezione Penale della Cassazione ha respinto la tesi “suggestiva”
dei Giudici di merito secondo cui con la legge delega con cui il Parlamento
prospetta la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute
previdenziali ed assistenziali costituirebbe fonte direttamente produttiva di
norme giuridiche; come più volte evidenziato in alcune decisioni di merito
(cfr. Trib. Asti, sent. 27/06/14; Trib. Avezzano, sent. 16/10/14; Trib. Bari,
sent. 16/06/14, sopra citate) in quanto con l’attuazione dei decreti delegati
non ci si potrà discostare da quanto oggetto di delega parlamentare, derivando
da ciò la depenalizzazione per l’omissione dei versamenti INPS inferiori a
10.000,00 € annui.
Infatti, secondo la
Cassazione l'intenzione del Parlamento non era quella di dismettere totalmente
la punibilità per i fatti di omesso versamento delle ritenute previdenziali al
di sotto della nuova soglia, bensì di assoggettarli unicamente ad una sanzione
amministrativa, aggiungendo che la pena è l'unica punibilità ad oggi prevista
dall'ordinamento giuridico italiano per la violazione degli obblighi
previdenziali di versamento di ritenute e, pertanto, è da ritenersi tuttora
applicabile.
La Suprema Corte ha
concluso affermando il seguente principio di diritto: "Il delitto previsto dal D.L. n. 462 del
1983, art. 2, comma 1 bis, conv. con modd. in legge n. 638 del 1983, che
punisce l'omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali
operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non può ritenersi
abrogato per effetto diretto della L. 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto
normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo
esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto,
quest'ultimo, fino alla emanazione dei decreti delegati, non potrà essere
considerato violazione amministrativa".
Quanto detto sopra
è stato di recente confermato dalla sentenza n. 32337 del 23 luglio 2015, con
la quale, sempre la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha
ribadito che in assenza di un apposito decreto resta comunque punibile
l’imprenditore che non versi le ritenute previdenziali ed assistenziali e ciò
anche se il loro ammontare non sia superiore ai 10.000,00 € annui.
Infatti, per la
Suprema Corte l’assenza di un decreto legislativo in attuazione della delega
avvenuta con la legge 67/2014 non determina alcuna “depenalizzazione” diretta
del reato previsto e punito dall’art. 81 cpv c.p.e dal’art. 2 del decreto legge
12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre
1983, n. 638 e sostituito dall’art. 1 comma 3, del decreto legge 9 ottobre
1989, n. 338, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 1989 n. 389.
Per cui ad oggi, almeno per la Corte di Cassazione,
l’omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali all’INPS da
parte dell’imprenditore è sempre punito, anche quando sia inferiore ai 10.000,00
€ annui, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino ad euro
1.032,91.
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